(Agnolo da Murano). -
Fu un grande innovatore dell'arte vetraria del Quattrocento.

Figlio di Jacopo, nato probabilmente alla fine del XIV secolo, è ricordato con discreta frequenza nei documenti a partire dal 1424, anno in cui, probabilmente ancora agli inizi della sua carriera, si dedicava a studi e ricerche per il lavorazione del vetro colorato per finestre.

Sappiamo che ricoprì incarichi nella vita pubblica: fu camerlengo nella comunità di Murano (1434), forse anche cancelliere (1435), lettore apostolico e segretario pontificio (1435-49), infine cancelliere del patriarca di Venezia (1453) . Dei suoi viaggi esistono varie notizie, anche se non sempre confermate. Sembra che fosse a Milano, con Francesco Sforza, non è confermato che si recò a Firenze, dove era stato invitato dai Medici; fu a Napoli presso Alfonso d'Aragona e anche in Francia, a Roma, presso la corte pontificia, probabilmente tra il 1435 e il 1443 o tra il 1445 e il 1449 (anni in cui il suo nome non compare nei registri del podestà di Murano), infine a Bisanzio, nel 1453.

È presumibile, come propone Levi- (1895), che i suoi contatti con la Roma papale coincidano con il pontificato di Eugenio IV Condulmer, veneziano, e con quello di Niccolò V, entrambi noti per il loro mecenatismo.

Nel suo trattato di architettura Filarete cita lo stesso Barovier, proponendolo come maestro nell'arredo dell'ideale edificio rinascimentale. La citazione è tanto più interessante in quanto specifica le diverse abilità del vetraio muranese nel realizzare non solo mosaici e vetri di vario tipo (colorati a mosaico, o simili al diaspro), ma anche "belle opere cristalline".

Un evento importante e ricco di novità fu infatti l'invenzione del vetro trasparente incolore o “cristallo” a lui attribuibile, verso la metà del secolo. XV. Per queste opere Barovier è lodato anche in un epigramma del poeta ferrarese Ludovico Carbone, che lo ricorda come "optimum artificem crystaWnorum vasorum", non mancando di alludere anche alla sua fama in Francia e a Bisanzio (MoreW, 1802, p. 413). Infine, intorno al 1493, un monaco benedettino del convento di S. Giorgio Maggiore, padre Giovanni Antonio, ricorda (vedi Cicogna, VI, Pl? - 467 s.) che Barovier dovette frequentare le lezioni tenute a Venezia, nel ginnasio Realtino , di Paolo Godi detto Pergolano, parroco della chiesa di S. Giovanni Elemosinario.

Godi non era solo teologo, ma anche uomo molto abile e ricercatore di tecniche chimiche, aveva sicuramente aiutato Angelo Barovier nei suoi studi e ricerche. In particolare deve essere stata la colorazione del vetro, come suggerisce la stessa citazione del monaco benedettino.

Di Paolo Godi, Angelo lo definisce "Primus et Autor et Inventor colorum tam insignium ac vari conunistorum, quibus hodie quoque vitrearii artifices Muriani utuntur". Questa descrizione allude ai vetri colorati in massa e forse agli stessi dipinti a smalto, che, pur non essendo invenzioni del tutto nuove (già in varie occasioni applicate nel mondo romano e nell'Oriente islamico), furono in quel periodo valorizzati a Murano. La frequentazione di Barovier alle lezioni di Godi, i contatti con centri umanistici come Firenze, Milano e Roma, l'amicizia con uomini di alta cultura come Filarete, dovettero avvantaggiarlo e spingerlo ad indirizzare anche l'arte del vetro nell'ambito della grande corrente rinascimentale. Si può infatti affermare che lo stesso Angelo fosse un uomo del Rinascimento, curioso di ogni ricerca e nuova scoperta che la scienza di allora andava portando avanti.

Angelo Barovier morì a Murano nel febbraio 1461; fu sepolto nella chiesa di S. Stefano di Murano, con epigrafe laudativa (pubblicata da Cicogna, VI, p. 466) scomparsa anch'essa con la demolizione della chiesa a metà dell'Ottocento.

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